L’unità di archiviazione costituisce una delle componenti fondamentali di un computer, adibita alla memorizzazione dei programmi e dei file che vengono creati e salvati mentre si utilizza il PC.
Disco rigido (HDD) e memoria a stato solido (SSD) raffigurano le opzioni di configurazione di fronte alle quali l’utente si trova spesso prima dell’acquisto di un nuovo elaboratore anche se, come vedremo più avanti, il mercato è ormai proteso verso una direzione specifica.
In questa guida esamineremo le caratteristiche delle rispettive tecnologie, confrontando vantaggi e svantaggi insieme all’effetto che ciascuna di esse ha sulle performance del sistema e sul prezzo finale del dispositivo.
La sigla HDD viene dall’inglese Hard Disk Drive e si riferisce al cosiddetto disco rigido o fisso presente nel PC. Questa tecnologia prevede che all’interno di un’unità da 3,5 o 2,5 pollici siano collocati una serie di dischi magnetici che ruotano rapidamente mentre una testina meccanica scrive e legge le informazioni su di essi.
Disponibili sul mercato da oltre mezzo secolo, gli HDD hanno rappresentato fino a pochi anni fa l’opzione in assoluto prediletta per l’archiviazione dei dati in ambito domestico e aziendale.
Nonostante una crescita esponenziale della quantità di spazio disponibile, arrivata oggi a diversi Terabyte (TB), e dalla rapidità di memorizzazione, tale tecnologia è stata però rapidamente sostituita nell’ultimo decennio dagli SSD, diventati ormai lo standard per molti produttori.
SSD sta invece per Solid State Drive, ovvero unità di memorizzazione a stato solido. L’archiviazione dei dati avviene in questo caso su chip di memoria flash non volatile, senza che l’unità compia alcun movimento meccanico.
Ciò si traduce in una velocità di gran lunga maggiore per la lettura/scrittura dei dati rispetto al disco rigido classico, rendendo il sistema e l’avvio dei programmi sempre scattante. È questo uno dei principali motivi per cui alcuni produttori come Apple e Microsoft hanno scelto, per le loro rispettive linee di laptop MacBook e Surface, unicamente unità SSD.
I dischi rigidi o HDD rappresentano tuttora una valida alternativa per la gestione di grosse moli di dati, questo perché, a parità di capienza, i prezzi di un hard disk rispetto ad un SSD sono nettamente inferiori.
Facendo un esempio pratico: per un HDD interno da 2TB, come il Toshiba P300, i prezzi online partono da circa 40 euro, mentre per un’unita SSD delle stesse dimensioni, come il Crucial MX500 2.5”, sono richiesti circa 170 euro. Fattore che chiaramente si riversa sul costo finale del PC.
È bene però fare delle precisazioni. Il movimento meccanico necessario al funzionamento degli hard disk fisici, e il loro maggiore ingombro, li rendono maggiormente indicati per computer desktop rispetto ai portatili. Ciò poiché le vibrazioni o le cadute accidentali possono determinare danni più o meno gravi all’unità con la conseguente perdita dei dati presenti su di essa.
Inoltre, la velocità di lettura e scrittura dei dati su un HDD raggiunge in media i 130MB per secondo, contro i 500MB per secondo raggiunti dalla controparte SSD.
Per ovviare a tale limite, alcuni produttori hanno creato dei sistemi ibridi che montano entrambe le unità SSD e HDD. In questo modo sistema operativo e programmi possono essere installati sull’unità a stato solido per consentire un rapido avvio del PC, mentre i dati trovano spazio sull’hard disk classico così da avere maggiori quantità di GB a disposizione.
Le unità SSD, come già affermato, hanno preso ormai il posto dei più classici hard disk soprattutto sui dispositivi portatili. Il motivo è da ricercare fondamentalmente nell’assenza di una componente meccanica che assicura una maggiore protezione da possibili danni dovuti agli urti durante il trasporto e minori consumi, con un considerevole guadagno in termini di autonomia.
Altro elemento che ne ha favorito la diffusione risiede indubbiamente nella totale silenziosità rispetto agli HDD, che favorisce una migliore concentrazione durante le sessioni di lavoro. A ciò si aggiunge una velocità di lettura e scrittura dati circa tre volte superiore agli hard disk fisici e che continua ad evolversi, toccando nelle unità di ultimissima generazione i 3,5GB per secondo.
Questo li rende particolarmente indicati per l’utilizzo con giochi e applicazioni professionali, che richiedono un maggiore sforzo durante la fase di caricamento.
Le unità SSD possono adattarsi anche a modelli di computer più datati, dopo averne verificato la compatibilità, consentendo agli utenti di velocizzare il proprio sistema con una piccola spesa. Tra gli esempi possiamo citare l’SSD Intenso da 128GB o il Kingston A400 da 128GB compresi entro i 20 euro circa.
Giunti a questo punto della nostra guida è possibile tirare le somme e decidere a quale delle due tecnologie affidarsi. Per quanto concerne il segmento notebook appare chiara ormai la predominanza di dispositivi con a bordo un’unità di tipo SSD.
Si parte da dispositivi di fascia bassa, come i Chromebook di cui vi abbiamo parlato in una precedente guida, fino ad arrivare a modelli che offrono SSD da 1TB per gestire grandi quantità di dati, tra i quali segnaliamo l’Acer Swift 3X.
Se invece si sceglie una postazione fissa con cui elaborare file di grosse dimensioni è possibile dotarsi di un HDD capiente, che può raggiungere fino a diversi TB di spazio. Oppure optare per un sistema ibrido, che include SSD e HDD insieme così da ottenere un sistema reattivo grazie all’unità a stato solito sfruttando però lo spazio del disco rigido classico.
La categoria degli hard disk interni è caratterizzata da prodotti di vario genere per l’archiviazione su PC. Tuttavia, oggi non si può più parlare in generale di un miglior hard disk interno,
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