Il latte: proprietà, integrazione e alternative ad uno degli alimenti più amati

Di Monica Torriani 5 Ottobre 2020
latte

Sul latte, uno degli alimenti più polarizzanti per l’opinione pubblica interessata alle questioni nutrizionali, sono circolate e continuano a farlo le notizie più contraddittorie. Da un lato i sostenitori, che lo reputano elemento insostituibile, completo e irrinunciabile, dall’altro i detrattori, che lo additano per il suo contenuto in grassi saturi e le sue relazioni pericolose (peraltro mai confermate) con l’alterazione del microbiota intestinale.

C’è chi vorrebbe assaporarlo, ma non può gustare il piacere di un fumante cappuccino a causa dell’intolleranza al lattosio (anche se oggi sono disponibili integratori che contribuiscono alla digestione di questo zucchero). E chi proprio non vuole saperne e a colazione si concede bicchieroni di bevanda vegetale di avena o laute tazze al sapore di riso e cocco.

In tutti i casi, il latte è una fonte essenziale di calcio e vitamina D e contiene sieroproteine importanti per la nostra salute, soprattutto per il potenziamento del sistema immunitario, l’inibizione della proliferazione dei microorganismi, la modulazione della glicemia, dell’appetito e la promozione della produzione di massa muscolare magra.

Latte intero o scremato? Quando la risposta sorprende

I procedimenti industriali che limitano il contenuto dei grassi nel latte, ne riducono anche, seppur di poco, i valori nutritivi. 100 ml di latte intero contengono circa 3-4 grammi di grassi, che devono essere portati a 1,5-1,8% per ottenere il latte parzialmente scremato e a meno dello 0,3% quello scremato.

I grassi presenti nel latte (trigliceridi, fosfolipidi, colesterolo, carotenoidi, acidi grassi liberi e glicolipidi) sono prevalentemente saturi, come in tutti gli alimenti derivanti da fonti animali, ma accompagnati da una piccola quantità di monoinsaturi.

I grassi saturi sono stati a lungo considerati i veri colpevoli dell’aumento del rischio cardiovascolare. Ma, di recente, numerosi studi hanno evidenziato come questa responsabilità sia relativa e da considerare nell’ambito di un quadro nutrizionale più ampio. Inoltre, i grassi saturi non sono tutti uguali: in particolare, quelli del latte sembrano promuovere il benessere cardiovascolare.

La scienza ha oggi spostato la sua lente di ingrandimento sui grassi trans, quelli tipici delle merendine confezionate, dei fritti e delle pietanze pronte, e sul loro ruolo nella genesi della patologia cardiovascolare.

Uno studio statunitense coordinato dall’epidemiologo Dariush Mozaffarian e da ricercatori della Harvard School of Public Health e della Tufts University di Boston ha seguito un campione di oltre 3.000 pazienti (in parte consumatori di latticini prodotti con latte intero e in parte consumatori di prodotti caseari magri) per 15 anni, monitorandone i livelli di tre acidi grassi del latte nel sangue. A sorpresa, gli affezionati del latte intero e dei suoi derivati, hanno mostrato un’incidenza di diabete di tipo 2 del 46% inferiore rispetto agli altri.

La scienza sembra anche confermare che i bambini nutriti con latte intero vanno meno di frequente incontro al rischio di obesità o sovrappeso rispetto a quelli cui viene offerto quello scremato o parzialmente scremato.

latte alternative e integrazione

Latte intero: le ragioni di un riscatto

Malgrado il suo maggiore contenuto calorico (100 g sviluppano circa 64 kCal) il latte intero non è dunque l’acerrimo nemico per cui è stato scambiato in passato.

Principalmente perché genera un senso di sazietà maggiore rispetto al latte scremato, riducendo la necessità di introdurre carboidrati. Questo aspetto, tuttavia, è motivato anche da una digestione più laboriosa.

Nel sottolineare che i prodotti caseari hanno una funzione rilevante nella nostra alimentazione, occorre anche ricordare che devono essere assunti in porzioni limitate.

Lo studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology) ha coinvolto 136.384 individui di età compresa fra 35 e 70 anni in 21 Paesi dei 5 continenti, con un monitoraggio durato 9 anni. Pubblicata su The Lancet, la ricerca ha evidenziato come l’assunzione abituale di prodotti lattiero-caseari sia associata ad un minore rischio di morte o eventi cardiovascolari.

Il processo di scrematura, che separa la componente lipidica (più densa e leggera), garantisce comunque un apporto nutrizionale completo, con 34 kCal sviluppate per 100 mL. Oltre alla componente lipidica, infatti, il latte contiene:

La scelta fra latte intero e latte scremato deve essere personalizzata e tenere conto di diverse variabili, incluse un’eventuale restrizione calorica o una condizione di iperlipidemia (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia).

 Quali alternative al latte?

Se il latte è da sempre, per ovvie ragioni, una bevanda di consumo diffuso, l’abitudine di bere bevande di origine vegetale come suoi surrogati ha comunque radici lontane nella storia, che risalgono all’Antica Roma.

Data la composizione molto differente, la normativa impedisce di utilizzare per queste bibite il nome di latte: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha vietato l’uso del termine latte in riferimento ai prodotti di origine vegetale. Prodotti attorno ai quali si sta sviluppando un mercato molto fiorente, che raggiungerà, secondo le stime, un giro d’affari mondiale di 35 miliardi di euro e che offre una risposta alle tendenze alimentari alternative (come il veganesimo) e un’alternativa destinata agli intolleranti al lattosio.

Si tratta di bevande che contengono il 90% di acqua, con un apporto di macro e micro nutrienti per porzione ridotto. Con qualche eccezione: la bevanda a base di soia, a parità di peso, ha una quantità di proteine paragonabile a quella del latte vaccino, con un profilo lipidico caratterizzato tuttavia dalla presenza di grassi insaturi.

I plant milk possono naturalmente contenere molti zuccheri, in particolare quelli a base di avena come quelli di The Bridge, o esserne addizionati in fase di produzione: meglio quindi leggere sempre l’etichetta prima di acquistarli.bevanda avena the bridge

Fra le ultime proposte, la bevanda vegetale a base di farro, densa, cremosa e dal sapore delicato, ideale per colazione e merenda, quella di anacardi, ricca di acidi grassi omega-3, omega-6, sali minerali (potassio, fosforo, magnesio, calcio, ferro, rame), vitamine (B9, E, PP) e quella di canapa sativa, dall’elevato contenuto vitaminico (vitamine A, E e D) e di calcio.

Più popolare la bevanda di cocco, che conoscevamo come latte di cocco, ossia la polpa del frutto in forma liquida, apprezzata per il suo apporto in acido laurico, un grasso saturo che avrebbe, secondo alcuni studi, la capacità di contrastare l’ipercolesterolemia, contribuendo a ridurre il colesterolo LDL (colesterolo cattivo) in favore del colesterolo HDL (colesterolo buono). Da distinguere rispetto all’acqua di cocco, ossia il liquido contenuto all’interno del frutto, presente in prodotti come Syrio MG-K Acqua Cocco 20 Bustine, una bevanda fresca e dissetante.

Syrio MG-K Acqua Cocco 20bustine

Nota anche la bevanda a base di riso, ottenuta dalla macerazione industriale dei chicchi in acqua, con l’aggiunta di amilasi (gli enzimi che digeriscono l’amido). Sottoposta la miscela a pressione, se ne ricava un liquido, che viene filtrato e arricchito di addensanti (amido di riso o carragenina) e fortificato con i micronutrienti di cui è naturalmente carente (calcio, ferro, vitamina B12, niacina e vitamina D).

Chi ama il gusto nutty deciso, può optare per la bevanda di nocciola o quella di mandorla, molto dolce e aromatica, meno calorica di quella di soia e ottima fonte di vitamina A, vitamina D, proteine, omega-6, zinco, calcio, ferro, magnesio e potassio, fibre (sia solubili che insolubili).

Mentre nell’adulto, i plant milk possono rappresentare, nell’ambito di una dieta bilanciata, un’alternativa interessante per chi non ama o non può bere il latte, lo stesso ragionamento non può essere esteso al bambino. In generale, al di sotto di un anno di vita il bambino può ingerire solo latte materno, poiché il suo intestino è in grado di digerire solo le caseine di origine umana. In alternativa, si ricorre al latte formulato, che ha una composizione molto simile a quella del latte umano.

L’eliminazione dei prodotti caseari dall’alimentazione può causare un aumento del rischio di carenza di vitamina B12 o calcio, se questi elementi non vengono adeguatamente apportati dalla dieta complessiva. In caso di carenze, sono disponibili sul mercato integratori formulati in flaconcini come Be-Total Advance Vitamina B12 o forme solide per la supplementazione di questo elemento.

Be-Total Advance B12

 Un latte per ogni intolleranza

L’intolleranza al lattosio consiste nell’incapacità dell’intestino tenue di digerire correttamente il lattosio, lo zucchero contenuto nel latte, ed è causata da una insufficiente sintesi dell’enzima lattasi, una sostanza che oggi può essere supplementata con l’assunzione di integratori specifici come Pegaso EnziTime. Il lattosio indigerito ristagna nell’intestino tenue, dove viene fermentato dai batteri della flora batterica locale. Le reazioni coinvolte nella fermentazione richiamano liquidi (ecco perché uno dei sintomi dell’intolleranza al lattosio è la diarrea) e portano alla produzione di gas idrogeno, che provoca gonfiore e dolore addominale.

Pegaso EnziTime

Il grado di intolleranza al lattosio dipende dalla dimensione del deficit di lattasi prodotta.

L’intolleranza al lattosio è una condizione molto diffusa. Al termine dello svezzamento, con il cambiamento delle abitudini alimentari, nella maggior parte delle persone progressivamente si riduce la produzione dell’enzima lattasi. Si parla di persistenza della lattasi nei casi in cui la sintesi di questo enzima prosegue. L’abitudine, indotta da scelte culturali e di tradizione, a mantenere il latte nella dieta ha selezionato, nel corso dell’evoluzione, le mutazioni genetiche che ne rendevano possibile il consumo.

Nel caso di intolleranza al lattosio, gli esperti consigliano di non abbandonare del tutto il consumo di latte e preferire a quello ad alta digeribilità. È stato infatti dimostrato come un consumo giornaliero di piccole quantità di lattosio possa promuovere la selezione di una flora batterica intestinale capace di rimuovere i prodotti della fermentazione e alleviare i sintomi dell’intolleranza.

La diagnosi di questa condizione viene eseguita tramite il test del respiro o breath test, un esame che consiste nella valutazione della quantità di idrogeno presente nell’aria espirata dal soggetto prima e dopo la somministrazione di una dose di lattosio. Sono disponibili in commercio i kit per il test genetico per la determinazione della predisposizione all’intolleranza al lattosio.

lactease dna test genetico

Gli intolleranti al lattosio possono generalmente mangiare formaggi stagionati (come grana, parmigiano, provolone e pecorino, nei quali la stagionatura comporta una quasi totale digestione dello zucchero) senza problemi, ma devono rinunciare al latte vaccino, di capra e altri animali, i formaggi freschi (come mozzarella, certosa, primosale) e a tutti i prodotti a base di latte (come gelati, burro e creme).

Per prevenire spiacevoli conseguenze, è bene che ricordino di consultare sempre l’etichetta degli alimenti, perché il lattosio viene di frequente usato come additivo nei salumi, nelle pietanze pronte, nel dado da brodo. Per l’esigua quantità in cui è presente in alcuni medicinali, questi sono generalmente ben tollerati.

Nel caso in cui si voglia gustare un latticino fresco, è possibile assumere a cavallo del pasto un integratore che contiene lattasi, come Naturando Lattasi 15.000 20 capsule.

 

Whole milk compared with reduced-fat milk and childhood overweight: a systematic review and meta-analysis – J.L. Maguire et al – The American Journal of Clinical Nutrition, February 2020

Circulating Biomarkers of Dairy Fat and Risk of Incident Diabetes Mellitus Among Men and Women in the United States in Two Large Prospective Cohorts – Dariush Mozaffarian et al – Circulation, 2016

Associations of fats and carbohydrate intake with cardiovascular disease and mortality in 18 countries from five continents (PURE): a prospective cohort study – Viswanathan Mohan et al – The Lancet, 2017

Pubblicato il 5 Ottobre 2020
Monica Torriani
Monica Torriani

Laureata in Farmacia e abilitata alla professione presso l’Università degli Studi di Milano, è consulente (libero professionista) per la comunicazione nel settore healthcare, con attività ad ampio spettro che include farmaci, prodotti biotecnologici, dispositivi medici, integratori alimentari e cosmetici.

Si occupa della progettazione e realizzazione di contenuti destinati al web e alla carta stampata per diverse testate editoriali (articoli, podcast,...Leggi tutto

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