Lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi dispositivi ha bisogno, tra le altre cose, di supporti di memoria sempre migliori, più capienti e più veloci. Al momento possiamo contare sulla memoria NAND che, in diverse varianti, trova posto nella RAM, negli SSD, e nella memoria degli smartphone. La continua ricerca di nuove soluzioni ha portato però a considerare anche l’uso di filamenti di DNA per la memorizzazione dei dati, un settore di ricerca sul Microsoft ha già ottenuto risultati interessanti.
L’azienda di Redmond lavora infatti da almeno tre anni all’archiviazione su DNA, e l’ultimo risultato ottenuto è scrivere la parola “hello” in un filamento sintetico di DNA per poi recuperarlo in modo automatizzato. È un altro dei molti passi necessari affinché questa tecnologia passi dai laboratori di ricerca alle applicazioni commerciali, obiettivo che comunque per ora sembra ancora piuttosto lontano. A lungo termine, però, è una strada foriera di grandi promesse: il punto chiave è avere grandissime quantità di dati in pochissimo spazio, e poter contare sulla loro durata nel tempo.
I filamenti di DNA sintetici, infatti, possono durare anche migliaia di anni senza che i dati si compromettano. Sarà un formato sempre leggibile – mentre non è detto che tra 500 anni si possa dire lo stesso di un blu-ray o una scheda di memoria microSD. Il DNA inoltre offre una grandissima densità di dati, nell’ordine del miliardo di gigabyte (GB) per millimetro cubo. Sono tutte potenzialità inespresse per ora, ma i passi avanti si susseguono a un ritmo interessante, considerando che l’idea è nata poco più di 50 anni fa.
Questa tecnica prevede prima di tutto di creare DNA sintetico in laboratorio. Si tratta, in estrema sintesi, di filamenti genetici privi di un equivalente in natura, non contengono dunque il codice genetico di animali o piante. Si riprende però l’idea di base: una catena di molecole che trasporta informazioni. Il DNA sintetico, come quello naturale, si compone di quattro basi azotate (Adenina, Citosina, Guanina e Timina). Ognuna di esse viene gestita come un codice binario, la lingua dei computer, e assume dunque un valore che può essere zero oppure uno. In un singolo filamento, con questa tecnica, si possono “scrivere” moltissime informazioni. Il sequenziamento citato prima permetterà di tornare alla sequenza di 0 e 1 iniziale, e quindi di leggere i dati con un computer.
Le informazioni vengono inserite nel DNA al momento della creazione. Successivamente si possono leggere usando le normali tecniche di sequenziamento, che permettono di vedere le sequenze dei diversi nucleotidi che lo compongono. Se si sequenzia il DNA di un essere vivente si otterranno informazioni su di esso. Se lo si fa con il DNA sintetico, si potrà leggere l’informazione registrata in origine.
I problemi al momento non mancano. Tanto per cominciare, al momento è stato possibile scrivere solo piccole quantità di dati nel DNA sintetico. Inoltre, ancora più importante, il tempo di accesso è estremamente lento: se per leggere i dati della memoria NAND basta un millsecondo, per estrarre i dati dal DNA servono più di 12 ore. Chiaramente non è utile per tenerci le vostre app preferite, ma per l’archiviazione a lungo e lunghissimo termine è un altro paio di maniche.
Importantissima anche la questione dello spazio: usando il DNA, infatti, le informazioni di un intero datacenter (diciamo grande quanto un capannone industriale) diventerebbero tascabili. A fronte di un vantaggio simile, la ridotta velocità di accesso è un compromesso accettabile.
L’ultimo esperimento di Microsoft, quello in cui ha scritto “hello” nel DNA, è interessante perché i ricercatori sono riusciti prima a codificare la parola formata da cinque lettere. E successivamente, ancora più importante, a leggere correttamente l’informazione con un sistema automatico. Ci sono volute 21 ore, ma si ritiene possibile arrivare a 10/12 ore.
Oltre all’aumento della velocità, l’altro obiettivo è la totale automazione dei processi – un passaggio necessario per eliminare le possibilità che l’errore umano comprometta l’integrità dei dati. È proprio l’automazione a rappresentare la svolta nell’esperimento di Microsoft, che ha scritto e poi recuperato i dati praticamente senza intervento umano.
Microsoft e ASUS hanno lanciato due nuovi dispositivi portatili da gaming, il ROG Xbox Ally e il ROG Xbox Ally X, confermando le voci circolate all'inizio dell'anno. Questi dispositivi uniscono i giochi
A partire da giugno 2025, Microsoft inizierà a smantellare gradualmente il suo gestore di password, ovvero l'app Authenticator. Il processo sarà distribuito su tre mesi: già nei primi giorni di giugno l'app
Scrivi un commento