Gli Smart TV rappresentano ormai la fetta maggioritaria del mercato TV: tutti i dati parlano di percentuali altissime, sia a livello mondiale che italiano. Il rapporto “Smart TV Market Share Statistics & Trends | Forecast” di IMARC Group sostiene che l’85% delle famiglie statunitensi possiede uno Smart TV o un dispositivo con accesso a servizi streaming.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, il sesto Rapporto Auditel-Censis, pubblicato a fine 2023, indica che il numero di Smart TV (21 milioni) ha superato il numero di TV non connesse (20,5 milioni),cioè una penetrazione superiore al 50%. Il motivo di un successo così ampio è la comodità: con un solo prodotto si può accedere a tantissimi servizi e ad un catalogo sterminato di contenuti.
C’è però un aspetto che passa molto spesso in secondo piano: la raccolta dei dati degli utenti e quindi la privacy. Cosa comporta l’utilizzo di uno Smart TV? Quali sono i dati raccolti dai produttori e con quali strumenti?
L’evoluzione compiuta dai televisori per diventare Smart TV ha trasformato i televisori in qualcosa di molto più complesso. Non parliamo più di semplici schermi, ma di dispositivi connessi dotati di un vero e proprio sistema operativo, che può essere Google TV, Tizen, webOS, VIDAA, Fire TV o altro.
Sono quindi in tutto e per tutto simili ad uno smartphone, con una schermata principale (home page) dalla quale si accede a moltissime applicazioni e ai servizi. Come accade su altre piattaforme digitali, la raccolta dei dati è diventata una parte integrante degli Smart TV. Le informazioni raccolte servono vari motivi, ad esempio per l‘interazione vocale e per eseguire le ricerche.
I dati sono utili anche per migliorare i servizi: i produttori possono usarli per ottimizzare l’interfaccia, risolvere problemi e capire quali sono le funzioni preferite dagli utenti. La raccolta dei dati diventa poi fondamentale per due aspetti di primaria importanza: la personalizzazione dell’esperienza e gli annunci pubblicitari.
Le abitudini e i gusti degli utilizzatori sono preziosi per cucire la Smart TV a misura di ciascun utente. Si spazia dai contenuti consigliati alle applicazioni, passando per gli eventi sportivi. Per quanto riguarda la pubblicità, gli annunci sono ormai presenti praticamente ovunque, anche se solitamente si possono quanto meno limitare.
Molti marchi non guadagnano solo dalla vendita del televisore, ma anche dalla raccolta di dati utili a costruire profili pubblicitari, rivenduti o usati per mostrare annunci mirati. Una pubblicità mirata, basata su abitudini e gusti specifici, è molto più redditizia di un annuncio generico. Ecco perché si raccolgono dati come tempo di visione, canali preferiti e applicazioni più gettonate.
Gli Smart TV non gestiscono dati particolarmente sensibili, come quelli sanitari, le opinioni politiche o la fede religiosa. I rischi per la privacy esistono ma sono per lo più legati alla raccolta di dati sui gusti e le preferenze degli utenti riguardanti film, serie TV, sport e le applicazioni per lo streaming. Qui bisogna distinguere due livelli: la raccolta effettuata dalle piattaforme Smart TV e quella eseguita all’interno delle singole app.
Le piattaforme come Tizen e Google TV sono programmate per raccogliere le informazioni analizzando il comportamento degli utenti. In pratica funzionano tenendo nota delle applicazioni usate, dei canali preferiti, delle ricerche effettuate e di tutto ciò che consente di tracciare un profilo preciso di ciascun utilizzatore.
Ci sono poi funzioni più avanzate che prendono il nome di Automatic Content Recognition (ACR), capaci di catturare fotogrammi per identificare i contenuti visualizzati, da qualsiasi fonte provengano. In pratica il sistema è in grado di riconoscere quale genere di contenuto sta guardando l’utente.
Per quanto riguarda i vari servizi, ovviamente utilizzarli comporta necessariamente uno scambio di dati: Netflix, YouTube e Prime Video hanno a disposizione tutti i dati relativi a ogni utenza o profilo: contenuti visualizzati, la durata complessiva di utilizzo e le ricerche effettuate. Questo è un secondo livello di tracciamento, che si aggiunge a quello gestito dal sistema operativo del televisore.
Cosa si può fare per ridurre il passaggio dei dati al minimo? Tutti gli Smart TV includono impostazioni per la privacy all’interno del menu, anche se con nomi e collocazioni diverse a seconda del marchio o dell’anno di produzione. Solitamente si trovano all’interno del menu Generale o Sistema: bisogna cercare voci come “Privacy”, “Termini e condizioni”, “Servizi di visione” o diciture simili.
Quello che si può fare in concreto è ridurre il tracciamento, sia per quanto riguarda i consigli sui contenuti sia per gli annunci pubblicitari mirati. Su alcuni prodotti la pubblicità di terzi si può anche disattivare: è il caso di LG, che sostituisce le inserzioni con banner che promuovono i suoi servizi. Arrivare però a bloccare totalmente la raccolta dei dati è praticamente impossibile: nessuno lo garantisce.
I produttori parlano spesso di “ottimizzazione del servizio” o di “raccolta dati necessaria al funzionamento”, lasciando margine per continuare a inviare informazioni anche quando l’utente pensa di aver spento tutto. È invece più semplice gestire i microfoni: l’attivazione richiede il permesso e c’è solitamente un interruttore fisico per spegnere quelli integrati nei TV (per i telecomandi c’è un pulsante da premere per usarli).
In conclusione, la privacy assoluta su uno Smart TV non è raggiungibile: la raccolta di dati resta sempre attiva almeno in parte. Con un minimo di consapevolezza e qualche accorgimento nelle impostazioni, è possibile ridurre sensibilmente la profilazione e utilizzare il televisore con maggiore tranquillità, sapendo che nessun dato realmente sensibile viene comunicato all’esterno.
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