La cancellazione attiva del rumore è ormai una tecnologia di larghissimo utilizzo. Nata per le cuffie di fascia alta, si è progressivamente diffusa fino ad abbracciare una fascia di mercato particolarmente ampia non solo in termini di prezzo ma anche per tipologia, tanto che ormai anche sugli auricolari wireless è spesso presente. Cosa c’è dietro queste funzionalità?
In questo articolo andremo a rispondere proprio a questa domanda, illustrando il funzionamento della tecnologia, le differenze e l’integrazione con l’isolamento passivo, l’altra soluzione che viene impiegata per limitare l’influsso negativo esercitato dai rumori esterni.
La cancellazione attiva del rumore, o Active Noise Cancellation (ANC), si appoggia sempre ad una serie di microfoni che vengono usati per rilevare i suoni provenienti dall’esterno. Le informazioni ricevute vengono poi elaborate da un processore che provvede ad applicare tutte le correzioni necessarie a limitare i disturbi causati dai rumori. Come avviene più in concreto?
Le cuffie generano onde sonore opposte a quelle che causano i rumori e le trasmettono così all’orecchio dell’ascoltatore. L’effetto è quello di mitigare o cancellare completamente (a seconda dell’efficacia) l’origine del rumore. Questo principio si può applicare sia durante l’ascolto di musica sia indossando semplicemente le cuffie accese, senza musica in riproduzione.
La ANC si può appoggiare a due categorie di microfoni: esterni o interni. Quelli esterni, solitamente chiamati “feedforward” captano facilmente e rapidamente tutti i rumori che circondano l’ascoltatore. Non possono però sapere come si comportano questi suoni quando raggiungono effettivamente l’orecchio. Informazioni di questo tipo richiedono invece i microfoni interni, cioè “feedback“, che riescono a compensare in modo più preciso alcune frequenze perché ne misurano l’impatto nel punto più critico, all’interno del padiglione auricolare.
Ci sono comunque delle limitazioni: le frequenze più alte, ad esempio, subiscono meno effetti anche perché c’è da tenere presente che all’interno dell’orecchio non arrivano solo i rumori ma anche la musica che l’utente sta ascoltando. In pratica nessuna delle due soluzioni è perfetta, se presa singolarmente. Per questo motivo i modelli più evoluti di cuffie e auricolari ricorrono ormai ad un mix di microfoni interni ed esterni per assicurare il miglior risultato possibile. Un esempio sono i Sony WF-1000XM5 o i FreeBuds Pro 3 di Huawei.
L’isolamento passivo è semplicemente la capacità delle cuffie o degli auricolari di aderire alle orecchie in modo da creare una barriera tra l’interno e l’esterno. Più l’isolamento è buono più si riduce la quantità di rumore che riesce a passare. Per avere un’efficace ANC è indispensabile anche un buon isolamento: se troppe fonti di disturbo riescono a raggiungere l’orecchio, difficilmente la cancellazione attiva potrà fare i miracoli.
Per questa ragione tutti i principali produttori progettano cuffie con un approccio ibrido: garantire un isolamento passivo migliore possibile e un’efficace ANC. Restano comunque alcune variabili soggettive che possono fare la differenza: la forma delle orecchie è diversa da persona a persona, quindi una capacità di aderire perfettamente in qualsiasi caso è praticamente impossibile da raggiungere.
Quali sono i parametri che determinano le differenze qualitative tra un marchio e l’altro o tra un modello e l’altro? Di fatto non ci sono specifiche o standard che possano far capire immediatamente se quel determinato prodotto garantisce una buona esperienza d’uso. Come abbiamo scritto ci sono tante variabili in gioco, dalla qualità dei microfoni (quanti? Di quale tipo?) all’isolamento passivo, dall’elettronica integrata alle differenze morfologiche delle orecchie.
In generale a pesare di più sono il processore usato per eseguire tutti i calcoli e gli algoritmi che presiedono alla generazione delle onde sonore opposte ai rumori da cancellare. Se il processore è prestante, ed è quindi capace di analizzare velocemente le informazioni fornite in tempo reale dai microfoni, il risultato tenderà ad essere migliore. Lo stesso si può dire degli algoritmi: alcuni modelli matematici riescono a intervenire su uno spettro di frequenze più ampio, minimizzando il disturbo sia sulle alte sia sulle basse.
Il miglior modo di valutare è sempre una prova sul campo: è piuttosto semplice accorgersi se l’ANC funziona poco o male. Nel primo caso i rumori vengono ridotti poco o, nel peggiore dei casi, quasi per nulla, cosa che purtroppo accade specialmente con alcuni auricolari o cuffie di fascia molto economica (ma attenzione, esistono anche modelli scarsi che non costano poco).
I malfunzionamenti possono essere invece di vario tipo ma restano facili da notare. Citiamo ad esempi sibili ininterrotti in sottofondo, che possono risultare molto fastidiosi. C’è poi la riproduzione della musica da tenere in considerazione: dato che le onde sonore generate per ridurre i rumori escono dalle cuffie o auricolari insieme agli altri suoni, quando si attiva la ANC può capitare che l’ascolto della musica peggiori sensibilmente, a volte in modo davvero considerevole.
Questo è sempre un campanello di allarme: avere un suono del tutto inalterato è praticamente impossibile, ma una buona cuffia con ANC riesce a mascherarlo benissimo mentre una di scarsa qualità introduce difetti che possono compromettere totalmente la fruizione della musica. Fortunatamente trovare modelli di ottima fattura non è difficile: oltre ai due auricolari già citati menzioniamo anche le cuffie Sony WH-1000XN5, le Bose QuietComfort Ultra Headphones, gli auricolari AirPods Pro di Apple, i Google Pixel Buds Pro e i Samsung Galaxy Buds2 Pro.
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